Due anni che valgono una vita. La propria
Cecilia Dante, Coordinatrice del CLN Italia, non ha dubbi: i ragazzi e le ragazze del Care Leavers Network sono pronti a far sentire la loro voce in Senato per provare a migliorare le cose per chi, come loro, deve affrontare i 18 anni da solo.
Tutte le strade portano a Roma. Banale, ma è così. Martedì 18 marzo Agevolando arriverà a Roma dalla Lombardia, dall’Umbria, dalla Sicilia, dalla Sardegna, dalla Toscana, dall’Emilia Romagna, dal Lazio e dal Piemonte. Tutti lì, in Parlamento, per l’ultimo atto di un progetto lungo due anni. «A Roma ci aspetta l’ultima delle quattro mobilità del progetto Erasmus+ KA154-YOU Youth participation activities, finanziato dalla Commissione Europea – racconta Cecilia, Coordinatrice nazionale del Care Leavers Network – la quarta dopo quelle a Tolè, Cagliari e Catania. E a Roma, in Senato, porteremo il frutto di questo lungo cammino: alla terza Conferenza nazionale del Care Leavers Network i ragazzi e le ragazze leggeranno le raccomandazioni che hanno discusso, elaborato e scritto insieme per migliorare il sistema di accoglienza fuori famiglia e di accompagnamento all’autonomia».
Come racconteresti questi due anni di incontri in giro per l’Italia?
«Come una bellissima opportunità. Questo progetto ci ha permesso di incontrarci tutti due volte all’anno: ragazzi e ragazze, referenti regionali, staff dell’associazione… Ci siamo mossi in un centinaio di persone, abbiamo accolto tanti nuovi ingressi, ci siamo conosciuti, abbiamo lavorato insieme a livello nazionale e non solo regionale, abbiamo condiviso non solo storie, ma anche momenti, tempo e luoghi. Abbiamo visto nascere amicizie e amori, abbiamo dato tempo e spazio alla fiducia; abbiamo tessuto trame fondamentali di quella rete che – lo dice il nome stesso – è il Care Leavers Network.
Ecco, cos’è il Care Leavers Network?
«Un posto e un gruppo in cui trovare strumenti, supporto e ascolto per abbattere le barriere, riuscire a portar fuori la propria storia e condividerla con chi ne ha una simile. Una palestra di socialità per ragazzi e ragazze che talvolta si definiscono dei “nerd” in questo senso. È il contesto sicuro e che gli offriamo per testarsi, mettersi alla prova e poi spiccare il volo là fuori. Nel Network e con il Network niente finisce, bensì inizia qualcosa che li possa portare là nel mondo degli adulti con un pelo in più di fiducia, da protagonisti e capaci di dare spazio ai propri sogni. Con la convinzione che anche se la partenza è stata svantaggiata ed estremamente difficile, anche la loro vita può essere felice. Ogni area o progetto di Agevolando costruisce un pezzettino di questo obiettivo».
Siete stati in Emilia, in Sardegna e in Sicilia.
«Per qualcuno è stato il primo aereo, per qualcun altro la prima volta fuori di casa; dopo gli anni di Covid è stato fondamentale, vitale. Abbiamo offerto loro la possibilità di fare qualcosa gratuitamente, ci siamo presi cura di loro senza chiedere altro che non fosse la volontà di esserci, partecipare e lavorare insieme per migliorare il sistema di accoglienza per chi verrà dopo di loro. E questa credo sia l’azione politica più forte».
Come avete lavorato in questi due anni?
«Il progetto prevedeva un incontro nazionale ogni sei mesi, preceduto da sei mesi di lavoro nei singoli gruppi regionali, anche grazie al contributo del progetto ministeriale Perla. Ogni gruppo lavorava a una tematica del sistema di accoglienza sollevata dai ragazzi stessi, poi portava le proprie riflessioni all’incontro nazionale per una rielaborazione collettiva, mescolando i gruppi affinché alla fine tutti avessero la possibilità di dire la propria opinione su ciò che avevano a cuore. Abbiamo lavorato in focus group e laboratori di storytelling; dopo la mobilità di Cagliari ci siamo resi conto che uno strumento in più avrebbe aiutato chi magari a parlare o scrivere faceva più fatica, un esempio su tutti gli ex Msna. Così per il terzo incontro a Catania, grazie anche al progetto StoriaNova finanziato dal Fondo dell’impresa sociale Con i Bambini, abbiamo proposto un ulteriore modo per riuscire ad esprimersi, ovvero laboratori artistici, finalizzati alla realizzazione di uno spettacolo che partisse proprio dalle raccomandazioni a cui stavamo lavorando, ma elaborandole ad un altro livello di riflessione e condivisione».
Spettacolo che a Catania si è rivelato essere un bellissimo momento di espressione e condivisione.
«Talmente forte e importante che proprio in questi mesi ne abbiamo fatto il centro di un nuovo progetto che abbiamo scritto presentato alla Comunità Europea, per dare continuità a quello che finirà a Roma. Cavalcando proprio la forza del doppio output, dei diversi livelli di condivisione vorremmo portare lo spettacolo in giro per il Paese, in tre città, per raccontare il nostro lavoro non solo alle Istituzioni, ma anche alla gente. Che altro non è che pura advocacy: far conoscere la voce, e ancor prima l’esistenza, della realtà dei care leavers».
L’immagine più bella di questi due anni?
«La partita di calcio alla mobilità di Cagliari, nata per caso nel campetto del luogo che ci ospitava, con altri ragazzi e ragazze che erano lì come noi. Ragazzi, ragazze, referenti, staff… chi a piedi nudi, chi in jeans, chi esperto, chi ai primi calci a un pallone, chi a vedersela e basta. Per me è stata la fotografia di un obiettivo raggiunto: fare qualcosa di grande, ma con la maggior leggerezza possibile. Stare insieme per un lavoro davvero importante, condividendo anche momenti facili e divertenti, ognuno mettendo il pezzetto che può, sente e vuole. Anche se è seduto a bordo campo».
Dal campetto di Cagliari al Senato il salto è notevole.
«Meno di quanto possa sembrare: ora la palla passerà ad altri, sperando che la partita continui a essere giocata sul campo in cui si possono cambiare o migliorare le cose, come è successo nel 2017 con l’emendamento alla legge di stabilità che ha dato vita alla prima sperimentazione nazionale (15 milioni di euro in tre anni, ndr), e nel 2020 con il rinnovo della sperimentazione per un nuovo triennio e l’inserimento dei care leavers nelle liste di collocamento mirato (art.68, ndr). Il nostro, di nuovo, sarà un momento di advocacy, poi le persone presenti dovrebbero prendersi l’impegno necessario per cambiare quello che fino ad oggi non ha permesso ai care leavers di avere il massimo di quello che il Sistema poteva dare loro. Ovvero accompagnarli a un’autonomia più graduale, più leggera e meno solitaria, sapendo che puoi contare su persone, adulti di riferimento e amici, magari se necessario con un sostegno economico e morale, per avvicinarsi ai propri desideri. Che non significa riuscire a raggiungerli, ma poterci credere e provare come qualsiasi altro ragazzo e ragazza della loro età».
Cosa ti aspetti?
«Prima di qualsiasi possibile risposta delle Istituzioni vorrei che i ragazzi e le ragazze percepissero e sentissero la forza e l’importanza del portare la loro voce e il loro lavoro lì, in Parlamento. Dell’essere arrivati fino in fondo, onorando il loro lavoro, che è tutto quello che potevano fare. E poi vedremo, preferisco aspettare e vedere con loro cosa ne uscirà. Di sicuro non li portiamo a un risultato certo, confezionato; andiamo a scoprirlo insieme, lasciandogli la facoltà di scegliere se esserci o meno. A volte verrebbe da dire “preserviamoli”, ma no, meglio vivere quel che sarà, insieme. Sono abbastanza forti, adulti e consapevoli del mondo in cui vivono, forse pure più di noi per le difficoltà che hanno dovuto affrontare. Noi ci siamo, ma non al loro posto. Accanto».
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