Almas: “Finalmente una stanza tutta per me”
Sono nata in un lontano paesino a nord del Pakistan il 21 dicembre di 23 anni fa, mi chiamo Almas. Sono arrivata in Italia quando avevo 8 anni e mezzo, insieme ai miei genitori e ai miei quattro fratelli.
Mi ricordo il primo impatto con la scuola: noi eravamo appena arrivati in questo paese e io non sapevo neanche una parola d’italiano. È stato traumatico.
Poi è iniziato per me un periodo molto difficile: il divorzio dei miei genitori, il nuovo matrimonio di mio padre e purtroppo la sua continua violenza su noi figli.
A un certo punto la misura era colma e abbiamo deciso di chiedere aiuto al Tribunale per i minorenni. Da quel momento è iniziata una nuova fase della mia vita, con l’inserimento in una comunità prima a Riva del Garda e poi a Trento, grazie alla Progetto92.
Inutile dire che non è stato semplice: c’erano ragazzi più piccoli di me, con alcune delle mie compagne non andavo d’accordo. E poi il turn over continuo degli educatori, le regole.
Ma anche la possibilità finalmente di fare la vita spensierata che una ragazza adolescente dovrebbe fare. Ho cambiato scuola, ho recuperato le materie in cui facevo fatica. Studiavo con più serenità e sono diventata una delle migliori della classe. Potevo uscire, frequentare le mie amiche.
Quello che mi ha sempre salvato nella vita è stata la capacità di instaurare relazioni positive con gli altri. Con Cristina, una delle educatrici, sono ancora in contatto oggi e la considero un’amica. Eravamo uguali in un certo senso, tremendamente testarde. Lei non si è mai arresa. Io non avevo fiducia negli adulti, lei ha abbattuto il muro e mi ha fatto scoprire che ci sono persone di cui ti puoi fidare.
Molti educatori invece si arrendono prima. Per me è stato importante scoprire che per Cristina stare con me non era più solo “un lavoro”.
Quando andavo a scuola non dicevo a nessuno che vivevo in comunità: volevo farmi vedere forte e sicura. Non volevo che mi trattassero come una poverina, volevo essere la migliore senza privilegi.
Oggi invece, grazie a un progetto del Comune di Trento, vado nelle scuole a incontrare gli studenti. Racconto a tutti la mia esperienza e ho capito finalmente che non c’è nulla di cui debba vergognarmi. So come devo reagire, come esprimermi. E finalmente so che non ho nessuna colpa per quello che mi è successo.
Quando andavo a scuola molti insegnanti erano impreparati rispetto al tema dell’accoglienza “fuori famiglia”: non sapevano cosa fosse una comunità, chi fossero gli educatori… Per questo penso che oggi sia molto importante per noi ragazzi andare nelle scuole e raccontarci. E poi mi piace parlare a tutti gli studenti, perché voglio che passi il messaggio che anche noi siamo uguali a tutti gli altri, non siamo degli emarginati o degli strambi! È vero, abbiamo avuto delle famiglie con difficoltà ma, diciamocela tutta, nessuno ha una famiglia del tutto normale. Ogni famiglia ha le sue fatiche.
Se ripenso a quando ho compiuto 18 anni e a quando ho poi dovuto lasciare la comunità ero piena di paure e di sofferenza, anche se i miei educatori avevano cercato di prepararmi ad essere autonoma.
Poi l’incontro con Agevolando e con Diletta mi ha offerto delle opportunità inaspettate.
Ho partecipato alla realizzazione di uno spot per promuovere il progetto “Giovani per casa” (oggi Vivo.con). Dopo alcuni incontri ho conosciuto la famiglia Ciurletti.
Il progetto prevede che ragazzi neomaggiorenni possano coabitare per un po’di tempo con famiglie o singoli disponibili ad accoglierli. Ancora mi emoziono se ripenso a quando Bruno sul suo foglietto per gli appunti commentando la serata dopo avermi ascoltata scrisse: “Subito”.
Il primo settembre abbiamo festeggiato 3 anni di vita insieme. Ci vuole davvero un cuore grande per aprire la propria porta.
Monica e Bruno insieme a Laura e Valeria mi hanno accolta come una di loro. Il rapporto con loro mi piace perché è un rapporto di parità. Ci possono essere delle difficoltà ma ho trovato persone solari e sincere, ed era tutto quello che desideravo.
Per la prima volta a casa loro ho una stanza tutta per me.
Contribuisco alle spese, organizzo le mie giornate in autonomia ma con il loro supporto. Ora mi sento pronta e tra poco lascerò questa casa per andare a vivere con i miei fratelli, un’altra tappa importante del mio percorso.
Nel frattempo mi sono iscritta alla Facoltà di Scienze Cognitive a Rovereto e a marzo dovrei laurearmi nella triennale. È sempre stato il mio sogno poter frequentare l’Università. Sapevo che lo studio sarebbe stato la mia salvezza. Sempre grazie ad Agevolando e allo Studio legale SLM Marchionni & associati ho ottenuto una borsa di studio. Mi piacerebbe che tanti altri care leavers come me potessero avere un’opportunità come questa e realizzare il loro sogno di studiare.
Mi piacciono gli ideali portati avanti da Agevolando: l’idea che non fai una cosa solo per te ma anche per tanti altri che vivranno “fuori famiglia” dopo di te! Questa è una cosa che ho sempre voluto fare e ne ho trovato la possibilità grazie all’associazione. Non smetterò mai di dare il mio piccolo contributo.
(a cura di Silvia Sanchini)